CHIAMATI ALLA GIOIA DI DONARSI
COME MARIA
Presentazione
di Maria bambina al Tempio (21 novembre)
Passi (dalla Liturgia della Festa):
Lc 2, 14-17
Salmo 44
Mc 3, 31-34
Giaculatoria:
Con Maria starò nella gioia
alla presenza del Signore
oppure
Ave Maria, il Signore è con te
La cosa che per prima stimola
la meditazione è la giaculatoria.
Com’è che Maria sta “nella gioia
alla presenza del Signore”?
Apparentemente, la
presentazione al tempio è un sacrificio, un’offerta, una rinuncia.
Vediamo cosa dice in proposito
lo Schema mariano liturgico:
Origine
e significato della festa. La
Presentazione al Tempio di Maria bambina (3 anni d’età) è una festa della
Chiesa Orientale che la celebra sin dal VI sec e che fu poi accettata dalla Chiesa di Roma nel
sec XIV. E’ stata iniziativa dei genitori presentarla al tempio poiché,
nell’ambiente ebraico, si presentavano solo i primogeniti. Sin dalla primissima
età, Maria si è data tutta a Dio e dedicata al suo servizio. Concepita in
grazia e quindi esente dal peccato, Maria è aperta a Dio, disponibile alla sua
volontà; la sua purezza la rende capace di aderire a tutto ciò che a Lui piace
e quindi Maria attua il dono di sé che sorpassa quello di qualsiasi creatura
ed è superato solo da Cristo. Il
significato della festa è donarsi a Dio, essere in Dio, allearsi con Lui.
Noi come lo sappiamo?
Maria
SS è vergine: aveva coscienza di appartenere a Dio sin dal
seno materno. “Non conosco uomo” risponde all’Angelo Gabriele che le annunzia
la maternità.
La
Verginità in Lei è:
1)
Consacrazione (cioè è messa in disparte per diventare madre di
Dio)
2)
Segno (della relazione con dio eccezionale e misteriosa)
3)
Posizione
unica (occupa una posizione unica
nel piano di Dio, è scelta da Dio per entrare in relazione unica con Lui)
4)
Eccezionalità
(relazione mai vissuta con Dio)
5)
Segno di
solitudine: Maria è sola con
Dio per riceverlo perché la pienezza del Signore abiterà in Lei e null’altro
può colmarla.
6)
Segno
d’impotenza: povertà della
Vergine che, senza soccorso umano, riceve la potenza e la pienezza di Dio: “
La potenza dell’Altissimo ti avvolgerà nella sua ombra”
E dunque: come nasce una gioia da un sacrificio?
Non è un gran segreto. Gesù
l’ha detto almeno due volte. Primo: “Se osserverete i miei comandamenti,
rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e
rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo
è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”
(Gv 15, 10-12).
Allora, la prima indicazione
di Gesù verso la gioia è il comandamento della carità.
E poi, secondo (anche se è
stato detto prima): “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei
cieli; …beati i puri di cuore, perché vedranno Dio…”.
È la logica delle beatitudini:
la vera gioia (beati!) nasce da quelle situazioni che al mondo sembrano
maledizioni, ma che invece sono apertura al dono di Dio.
Il valore della verginità (per
Maria e per ogni cristiano), oggi ve lo faccio spiegare da un famoso teologo e
vescovo, Bruno Forte:
“Il Vangelo è anzitutto la buona novella della carità di Dio, l’annuncio gioioso e trasformante che Dio “ha
tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16) per noi. […] Se
dunque Dio è amore, è la carità a farci dimorare in Lui ed a manifestarlo al
mondo (1 Gv 4,12). […] L’esperienza, che nasce dalla partecipazione alla carità
del Padre, è quella della gratuità: libero per la fede, il cristiano è servo
per amore. […] Come l’amore divino è inizio purissimo, motivato soltanto
dalla gioia irradiante di amore, così la carità rifiuta il calcolo e
l’interesse ed esige il dono senza riserve, l’esodo da sé senza ritorno […].
Espressione di questa gratuità è l’amore capace di amare l’altro in quanto tale
[volergli bene = volere il suo bene] e non per possederlo o asservirlo: di
questo amore è segno profetico nella Chiesa la castità consacrata, vissuta nel dono totale di sé a Dio e al
prossimo nella sequela di Gesu. Ad ogni cristiano, però, è chiesto di vivere la
carità come legge nuova del suo agire, caratteristica luminosa ed irradiante
del suo sapersi avvolto e custodito nell’amore del Padre (Bruno Forte, Piccola introduzione alla vita cristiana).
Dunque, la castità è valore
perché esprime e custodisce la carità, non perché nega e reprime l’amore.
E la povertà? E l’obbedienza?
Perché sono valori?
Un piccolo suggerimento. La
castità esprime la carità, che è una delle tre virtù teologali. Forse, anche la
povertà e l’obbedienza…
Domanda
(per
oggi, ma anche per tutta la settimana): abbiamo vissuto/conosciamo
un’esperienza di gioia che nasce non dal possesso, ma dalla rinuncia per dono?
CASTITA’
|
CARITA’
|
POVERTA’
|
|
OBBEDIENZA
|
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