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sabato 24 ottobre 2015

Chiamati alla gioia di donarsi come Maria (Riunione 24 Ottobre 2015)

CHIAMATI ALLA GIOIA DI DONARSI
COME MARIA



Presentazione di Maria bambina al Tempio (21 novembre)

Passi (dalla Liturgia della Festa): 

Lc 2, 14-17
Salmo 44
Mc 3, 31-34

Giaculatoria:  

Con Maria starò nella gioia alla presenza del Signore
oppure
Ave Maria, il Signore è con te

La cosa che per prima stimola la meditazione è la giaculatoria. Com’è che Maria sta “nella gioia alla presenza del Signore”?
Apparentemente, la presentazione al tempio è un sacrificio, un’offerta, una rinuncia.
Vediamo cosa dice in proposito lo Schema mariano liturgico:

Origine e significato della festa. La Presentazione al Tempio di Maria bambina (3 anni d’età) è una festa della Chiesa Orientale che la celebra sin dal VI sec e  che fu poi accettata dalla Chiesa di Roma nel sec XIV. E’ stata iniziativa dei genitori presentarla al tempio poiché, nell’ambiente ebraico, si presentavano solo i primogeniti. Sin dalla primissima età, Maria si è data tutta a Dio e dedi­cata al suo servizio. Concepita in grazia e quindi esente dal peccato, Maria è aperta a Dio, disponibile alla sua volontà; la sua purezza la rende capace di aderire a tutto ciò che a Lui piace e quindi Maria attua il dono di sé che sor­passa quello di qualsiasi creatura ed è superato solo da Cristo. Il significato della festa è donarsi a Dio, essere in Dio, allearsi con Lui.

Noi come lo sappiamo?


Maria SS è vergine:  aveva coscienza di appartenere a Dio sin dal seno ma­terno. “Non conosco uomo” risponde all’Angelo Gabriele che le annunzia la maternità.

La Verginità in Lei è:
1)      Consacrazione (cioè è messa in disparte per diventare madre di Dio)
2)      Segno (della relazione con dio eccezionale e misteriosa)
3)      Posizione unica (occupa una posizione unica nel piano di Dio, è scelta da Dio per entrare in relazione unica con Lui)
4)      Eccezionalità (relazione mai vissuta con Dio)
5)      Segno di solitudine: Maria è sola con Dio per riceverlo perché la pienezza del Signore abiterà in Lei e null’altro può colmarla.
6)      Segno d’impotenza: povertà della Vergine che, senza soccorso umano, ri­ceve la potenza e la pienezza di Dio: “ La potenza dell’Altissimo ti avvol­gerà nella sua ombra”


E dunque: come nasce una gioia da un sacrificio?
Non è un gran segreto. Gesù l’ha detto almeno due volte. Primo: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15, 10-12).
Allora, la prima indicazione di Gesù verso la gioia è il comandamento della carità.
E poi, secondo (anche se è stato detto prima): “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli; …beati i puri di cuore, perché vedranno Dio…”.
È la logica delle beatitudini: la vera gioia (beati!) nasce da quelle situazioni che al mondo sembrano maledizioni, ma che invece sono apertura al dono di Dio.
Il valore della verginità (per Maria e per ogni cristiano), oggi ve lo faccio spiegare da un famoso teologo e vescovo, Bruno Forte:

Il Vangelo è anzitutto la buona novella della carità di Dio, l’annuncio gioioso e trasformante che Dio “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16) per noi. […] Se dunque Dio è amore, è la carità a farci dimorare in Lui ed a manifestarlo al mondo (1 Gv 4,12). […] L’esperienza, che nasce dalla partecipazione alla carità del Padre, è quella della gratuità: libero per la fede, il cristiano è servo per amore. […] Come l’amore divino è inizio purissimo, motivato soltanto dalla gioia irradiante di amore, così la carità rifiuta il calcolo e l’interesse ed esige il dono senza riserve, l’esodo da sé senza ritorno […]. Espressione di questa gratuità è l’amore capace di amare l’altro in quanto tale [volergli bene = volere il suo bene] e non per possederlo o asservirlo: di questo amore è segno profetico nella Chiesa la castità consacrata, vissuta nel dono totale di sé a Dio e al prossimo nella sequela di Gesu. Ad ogni cristiano, però, è chiesto di vivere la carità come legge nuova del suo agire, caratteristica luminosa ed irradiante del suo sapersi avvolto e custodito nell’amore del Padre (Bruno Forte, Piccola introduzione alla vita cristiana).

Dunque, la castità è valore perché esprime e custodisce la carità, non perché nega e reprime l’amore.
E la povertà? E l’obbedienza? Perché sono valori?
Un piccolo suggerimento. La castità esprime la carità, che è una delle tre virtù teologali. Forse, anche la povertà e l’obbedienza…     

Domanda (per oggi, ma anche per tutta la settimana): abbiamo vissuto/conosciamo un’esperienza di gioia che nasce non dal possesso, ma dalla rinuncia per dono?



CASTITA’
CARITA’
POVERTA’

OBBEDIENZA




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