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martedì 26 aprile 2016

"La bicicletta verde" di Haifaa Al-Mansour



Wadyda è una bambina di 12 anni che abita alla periferia di Riyad, la capitale dell'Arabia Saudita.
E' curiosa, intraprendente e per questo fa fatica ad accettare i dettami della rigida società saudita.

Wadyda ha un desiderio: avere una bicicletta per poter sfidare il suo amico Abdullah, ma questo è considerato "sconveniente".

Lei però non demorde e, per raccogliere gli 800 rial necessari, si fa in 4 fino a decidere (proprio lei che sostanzialmente era indifferente) di partecipare all'annuale gara di recitazione coranica della sua scuola..

Ce la farà Wadyda a coronare il suo sogno?


"La bicicletta verde" è un film del 2012 della regista saudita Haifaa al-Mansour.
Haifaa è figlia di un poeta ed è cresciuta in un ambiente multiculturale e quindi non è un caso che sia stata proprio lei ad essere la prima regista donna del suo paese (il quale  non ha sale cinematografiche e in cui il cinema si fruisce solo domesticamente). 

E' ovvio quindi pensare che Wadyda sia un pò lo specchio della regista, che ha scritto anche la sceneggiatura, ed in un certo senso questo è vero, ma il pregio del film è quello di non darci una visione manichea per cui da una parte ci sono i "buoni" e dall'altra " i cattivi"

In questo senso, anche se parla di "emancipazione femminile" (che, in questo caso passa attraverso la libertà di usare una bicicletta) il film non è un film "femminista"

Ci si preoccupa, riuscendoci, di far vedere allo spettatore le incongruenze, le piccole ipocrisie della società saudita, ma anche quei piccoli gesti di ribellione nascosta la cui protagonista non è solo Wadjda, ma anche le sue compagne di classe e persino la rigidissima direttrice la quale è pronta a punire due alunne per un'inezia, ma che poi è la prima che porta i tacchi sotto l'abaya.

Nel film si mette in bene in risalto il ruolo che la religione islamica, o meglio la corrente del wahhabismo, ha in Arabia Saudita. E questo senza cadere nella facile retorica, ma semplicemente mettendo in evidenza tutte quelle piccole situazioni in cui la religione viene usata per giustificare le debolezze dei protagonisti. 

Non a caso il brano coranico che viene fatto recitare a Wadyda è quella parte della sura "Al Bachara" (che per gli islamici è una delle più importanti) in cui si parla degli ipocriti.


Tra gli uomini vi è chi dice: «Crediamo in Allah e nel Giorno Ultimo!» e invece non sono credenti. Cercano di ingannare Allah e coloro che credono, ma non ingannano che loro stessi e non se ne accorgono.


Difficile pensare che sia stata una scelta casuale.

Detto questo il film mi ha fatto riflettere su quanto si usi la "religione" per giustificare i nostri piccoli interessi. Questo vale per tutte le religioni ovviamente, ma (lasciatemelo dire) per chi si dice cristiano questo è "più semplice", ma anche più grave.

Più semplice perchè la novità del cristianesimo è che Dio si è fatto "carne" quindi si è decisamente "messo in mezzo" nei nostri problemi, ma lo ha fatto per "divinizzarli" cioè farceli affrontare in una maniera che è differente. 

Se Do si è fatto uomo è per farci affrontare la vita come la affronta lui, non certo per giustificare le nostre magagne ed ipocrisie. Anzi Gesù agli ipocriti (sopratutto ai farisei, che Dio dicevano di conoscerlo bene e si atteggiavano a maestri) rivolge le sue parole più dure: 

 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.

Mt 23, 27-28

Diciamo che su certe cose Gesù non è per niente accomodante. Secondo voi perchè?
Ve la lascio come riflessione finale con l'augurio per tutti di avere lo sguardo sereno e forte di Wadjda.






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