Categorie

venerdì 26 febbraio 2016

III Domenica di Quaresima 28 Febbraio 2016



<<Convertitevi, dice il Signore, 
il Regno dei cieli è vicino>>.

 ( Letture bibliche: Es 3,1-8.13-15; Sal 102; 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13, 1-9)



Il Vangelo di questa domenica ci presenta un avvenimento tragico: l’uccisione di molti galilei al tempo di Pilato. 

È probabile che il fatto facesse pensare alla fine dei tempi di cui Gesù stava parlando, per questo gli chiedono informazioni e Gesù, a queste perplessità, risponde con una valutazione chiara: quei galilei che stavano morendo non erano più peccatori di loro che, al contrario, seguivano Gesù. 

L’insegnamento è puntuale: non si può giudicare una persona in base al suo destino, alla fine che ha fatto. Per questo Gesù chiama tutti alla conversione, a cambiare giudizio su tutto quello che ci circonda. Bisogna cambiare mentalità, questo è il momento, uscire dallo schema peccato-condanna e mettersi in gioco con la propria coscienza e con il proprio impegno, affinché la condanna non abbia luogo.

 E la parabola del fico ce lo mostra con chiarezza: la controprova del peccato non è la condanna (taglialo!) ma la sua sterilità (non c’erano frutti su quel fico pur essendo ancora verde). 


La sterilità è morte. «Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere» afferma Paolo nella sua lettera ai Corinzi. 

Nella scelta di vita che facciamo per noi, di lasciarci guidare sul nostro cammino da quel Dio rivelatosi a Mosè nel roveto ardente, sul monte Oreb, c’è un coinvolgimento totale della nostra persona, una responsabilità costantemente interpellata, che ci chiede di uscire fuori da noi stessi, di non accomodarci sulle nostre sicurezze ma di continuare a faticare, per poter portare sempre frutti buoni.



Forse non è un caso che al centro della Liturgia di questa domenica
(posta praticamente al centro della Quaresima) ci sia una parola fondamentale, la base portante di questi 40 giorni.

Questa parola è CONVERSIONE.

Nel vangelo si usa la parola greca “metanoia” ovvero “andare oltre il proprio pensiero”
In ebraico, che è poi il substrato di tutta la vicenda di Gesù, si usa il verbo “shuv” che significa "ritornare".

Infatti è inutile andare "oltre se stessi" se poi non si sa in che direzione andare.

In questo senso la Sacra Scrittura ci dona chiarezza: la direzione giusta è sempre quella che ti riporta "a casa".

I non credenti possono chiamarla "coscienza" o "legge morale" (come diceva Kant), i cristiani invece non hanno come riferimento una legge, ma una Persona che hanno incontrato. 
Questa persona si chiama Gesù Cristo e quel "tornare a casa" non è altro che ritornare a vivere un rapporto pieno ed autentico con Dio Padre.

A riprova di tutto questo Gesù prende questo argomento non parlando dei massimi sistemi, ma partendo dai fatti di cronaca più crudi, quelli che, per un motivo o per un altro, ci fanno scattare una reazione. 
E per gli ebrei di quel tempo il fatto che "si fosse mescolato ai sacrifici" sangue umano era qualcosa non solo di terribile ma anche di tremendamente blasfemo.

Di fronte a fatti come questi di solito si cerca un "colpevole" (possibilmente molto diverso da quello che crediamo di essere...così ci salviamo)

Chi crede rischia in tutto questo di fare la figura dei (meschini) amici di Giobbe i quali, di fronte all'amico a cui gliene sono capitate di tutti i colori, non sanno fare di meglio che dirgli a più riprese " Dai, in fondo in fondo te lo sei meritato"
Con il proposito di giustificare Dio finisci per fare l'esatto opposto: dai una immagine FALSA di Lui.

Il rischio di tutto questo è la sterilità. Il non dare frutto. Gesù lo dice chiaramente.
E questo è morte. Così come la solitudine.

Rischiamo seriamente di sprecare la nostra vita. Ecco perchè dobbiamo continuamente "tornare a casa" attraverso la Sacra Scrittura, i Sacramenti e la carità verso il prossimo.

Perchè solo con con un vivo rapporto con il Padre possiamo evitare tutto questo.

Lui è paziente...paziente fino al punto di andare oltre il buon senso (non si da il concime ad un albero come il fico).

Quante volte mi sono detta (faccio un esempio personale...voi trovatevi i vostri) che con Tizio o con Caio, (che viene a riunione una volta ogni mille mai o all'Esperienza è distratto)  era tempo perso! Ma se Dio ha pazienza...perchè non ne dovrei avere io?

Quindi: di fronte alle cose della vita che giudichiamo incomprensibili cerchiamo il rapporto con il Padre, facciamoci aiutare a far uscire il meglio di noi!

Aiutiamoci l'un l'altro a "non cadere" e saremo felici. Insieme.

Vi abbraccio.



Nessun commento:

Posta un commento