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mercoledì 3 luglio 2019

"L'insulto" di Ziad Doueiri (LIBANO 2017)



Beirut, oggi. Yasser è un profugo palestinese e un capocantiere scrupoloso, Toni un meccanico militante nella destra cristiana. Un tubo rotto, un battibecco e un insulto sproporzionato, pronunciato da Toni in un momento di rabbia, innescano una spirale di azioni e reazioni che si riflette sulle vite private di entrambi con conseguenze drammatiche, e si rivela tutt'altro che una questione privata. 


Credo che tutti conosciate l'effetto "palla di neve": si intende un qualcosa che va ingrandendosi e crescendo da solo, man mano che va avanti, come fa una palla di neve che rotola e diventa sempre più grossa.

La "palla di neve" in questo caso è un semplice tubo che perde...che però scatena una discussione che si protrae e si allunga a dismisura. E se i due contendenti sono un palestinese rifugiato ed un cristiano maronita nel Libano dei nostri giorni ecco che questa palla di neve diventa piano piano una valanga.

I protagonisti non sono più Tony il meccanico e Yasser il capocantiere, ma l'intera questione mediorientale.

Certo, bisognerebbe sapere qualcosa di più.

Il Libano è un paese particolare nell'ambito del Medioriente perchè ha in sè una componente cristiana (maronita, greco-ortodossa e greco-cattolica), mussulmana (sia sunnita che sciita) nonchè la presenza di altro gruppi minori come i drusi.
In tutto questo aggiungiamoci pure la sua vicinanza con Israele.

Formalmente indipendente dalla Francia a partire dal 1945, il Libano aveva un divisione dei poteri ben definita secondo il cosidetto "Patto Nazionale". 
Secondo questo accordo non scritto ogni singola carica istitituzionale, compresi anche i capi dell'esercito, è a nomina confessionale.

Tutto questo regge fino al 1975 quando scoppia la Guerra Civile
La verità è che il Libano diventa il campo di battaglia di altri paesi (Siria, Giordania, Israele, Palestinesi)...il risultato sono 15 anni di massacri, bombardamenti, esodi di massa della popolazione.

A questi aggiungiamo altri 15 anni di occupazione militare siriana (se ne andranno ufficialmente solo nel 2005).Poi la Siria avrà altri problemi che ben conosciamo.
Ma questa è un'altra storia.

I protagonisti del film non si portano quindi solo la "loro" storia d'appresso, ma quella delle loro comunità di riferimento ed è per questo che l'insulto iniziale diventa prima un pugno, poi un processo fino a farlo diventare un caso nazionale. Nel vero senso della parola. 

E questo in maniera assolutamente non voluta da parte dei due (anche se, bisogna dirlo, la buttano entrambi in politica fin da subito)

Tutti e due hanno subito dei torti in passato e, in una società che comunque si lecca ancora le ferite, sembra che quell'episodio insignificanete sia il fulcro per risolvere la loro storia di sofferenze.

Debbo dire la verità: in teoria, in una logica di parte, avrei dovuto far il tifo per Tony.
E' lui che subisce l'insulto iniziale. (Yasser lo definisce "cane" e per la cultura musulmana definire "cane" una persona è la massima manifestazione di disprezzo).

Eppure all'inizio è veramente antipatico e pieno di pregiudizi nei confronti di Yasser il quale, all'inizio, sta solo facendo il suo lavoro.

Alla fine si scoprirà che anche lui ha una terribile storia alle spalle, che la guerra ha colpito anche lui e, a differenza di Yasser, non ha la saggezza dell'età a mitigare la rabbia.

Il film, tecnicamente parlando, non è retorico nè semplicistico.
Bello il ruolo che viene dato alle donne che sono in pratica la voce della ragione, anche quello senza nessun "ismo" (cosa che , sapete, mi dà molto fastidio).
E' un film sopratutto imparziale (e quanto sarebbe stato facile non esserlo) nell'esposizione delle tematiche. 

Tante domande escono fuori dalla visione del film:
1) quando finisce veramente una guerra?
2) Il dolore ha la stessa valenza per tutti?
3) Esiste una "retorica della sofferenza"?
4) Quando le parole smettono di essere tali e diventano "armi"?


Sono domande a cui il film tenta di dare una risposta la quale, debbo dire, non mi ha lasciato particolarmente convinta nelle motivazioni.

E' tutto comunque particolarmente attuale. 
Basta leggere i commenti della pagina FB di un qualsiasi giornale nazionale su determinate questioni.

Io posso darvi la mia personale risposta alla prima domanda: 
una guerra finisce con il primo atto di umanità.
Sarebbe il caso allora di iniziare ad "allenarci" fin da ora.

Vi abbraccio tutti e vi voglio bene



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