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venerdì 20 ottobre 2017

XXIX Domenica del Tempo Ordinario


«Risplendete come astri nel mondo,
tenendo salda la parola di vita.»

(Letture bibliche: Is 45,1.4-6; Sal 95;1Ts 1,1-5; Mt 22, 15-21)


La Liturgia di oggi contiene uno dei brani evangelici più citati (anche a sproposito purtroppo).

"Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio"
E' una frase che abbiamo sentito milioni di volte. Da chi si dice credente e, sopratutto aggiungo io, da chi dice di non credere per giustificare il suo essere "laicista" (che è tutt'altra cosa dell'essere laico)

E' una frase spesso e volentieri (mal) utilizzata per giustificare la separazione tra "le cose di Dio" e "le cose del mondo". Per giustificare una sorta di doppiogiochismo tra pubblico e privato per cui sei autorizzato ad essere credente nel tuo privato, ma quando ne esci allora devi seguire la corrente ed essere mondano.

Gesù invece voleva dire tutt'altro.

I farisei, con parole mielose, cercano di incastrarlo dal punto di visto politico (visto che dal punto di vista religioso ne hanno solo prese di santa ragione) mettendolo di fronte ad una delle questioni che, nella società ebraica di quel tempo, erano più dibattute: che rapporto doveva avere il pio ebreo con il dominatore romano? Le posizioni erano diverse: si andava dalla lotta armata fino alla piaggeria più assoluta.

I farisei quindi cercano di far fare a Gesù una sorta di "dichiarazione d'intenti" per poi avere un motivo per accusarlo.

Di fronte a tutto questo Gesù, lungi da uscirsene con una frase ad effetto, enuncia princìpi e criteri di perenne validità. Riconosce la legittimità del potere politico, nel contempo però negando le sue eventuali pretese assolutistiche: non tutto va a Cesare, perché c'è anche "qualcosa" che spetta a Dio.
Ancora: Gesù parlava a uomini che conoscevano bene la Bibbia; in particolare la sua prima pagina, laddove si afferma che "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò" (Genesi 1,27). Dunque, come la moneta apparteneva a colui di cui recava l'immagine, così l'uomo appartiene a Colui di cui è l'immagine. In altre parole, l'uomo è tenuto a impegnarsi per il bene comune, deve concorrere a realizzare una società terrena giusta e solidale, ma nessuno stato, nessun governante potrà mai pretendere autorità sulla sua coscienza, sulla sua dignità, sulla sua libertà.

Ecco come allora di distinzione tra "pubblico e privato" di cui abbiamo detto all'inizio non ha senso di esistere.
Ricordiamocene quando sentiamo fare certi discorsi sulla "dignità" o sulla "libertà" dell'individuo nei quali sia l'una che l'altra vengono messi in discussione secondo criteri che nulla hanno a che fare con l'esperienza cristiana.

Gesù con quella risposta ci chiama ad una coerenza e ad una integrità che non sono solo morali, ma ontologici perchè "nessuno può essere diviso in se stesso..perchè andrà in rovina".

Allo stesso modo le Letture di oggi ci ricordano che Dio Padre è Signore della storia. Ce lo fa vedere la prima lettura in cui si parla del pagano Ciro (imperatore persiano) che entra nella storia della salvezza perchè fu lui a permettere al popolo ebraico in esilio a Babilonia di tonare a casa.

Ha ragione San Paolo quando scrive ai Tessalonicesi: "Siamo stati scelti da Dio"
Poi c'è qualcuno che lo sa e qualcuno che non lo sa...o finge di non saperlo e si comporta come se la cosa non lo riguardasse.

A noi non tocca giudicare nessuno: a noi tocca operare nella fede, faticare nella carità e restare fermi nella speranza. Al resto ci pensa Lui.

Vi abbraccio tutti e vi voglio bene.




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