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martedì 15 novembre 2016

Land of Mine di Martin Zandvliet (Danimarca 2015)



Maggio 1945
La Germania nazista si arrende e migliaia di soldati vengono fatti prigionieri.
Tra di loro anche numerosissimi adolescenti, arruolati negli ultimi mesi come ultima disperata difesa. Alcuni di loro vengono destinati ad un compito ingrato: sminare vasti territori precedentemente occupati dall'esercito nazista.

E' il caso di 14 ragazzi che vengono portati sulla costa occidentale della Danimarca dove i nazisti hanno piantato, in previsione di uno sbarco alleato mai avvenuto, ben 45 mila mine. Tutto questo con un addestramento sommario e la condizione di chi "era dalla parte sbagliata".


Cosa sapete voi della Danimarca? Sinceramente, a parte che è la patria di Hans Christian Andersen e che Copenhagen è una città bike-friendly forse ancora di più che Amsterdam io ne sapevo un pò pochino.

Quello che sapevo però è che, all'inizio della Seconda Guerra Mondiale, fu uno dei tanti paesi che vennero travolti dall'avanzata nazista e che ne subirono l'occupazione (la quale non fu sicuramente piacevole).

Quello che non sapevo (e che non sapevano in molti) era quello che era successo dopo.

Diciamolo chiaramente: nei primissimi mesi dopo la resa della Germania i paesi liberati (tra cui anche la Danimarca) fecero una cosa infame, con la compiacenza delle autorità inglesi: 
costrinsero i prigionieri di guerra a bonificare le zone minate precedentemente dai nazisti.

La Convenzione di Ginevra del 1929 vieta di obbligare i prigionieri di guerra a svolgere lavori forzati o lavori pericolosi. Tuttavia, è evidente come le autorità britanniche e danesi abbiano deliberatamente modificato la formulazione del testo da «prigionieri di guerra» a «persone volontariamente arrese al nemico», al fine di eludere le regole della convenzione. Molti soldati tedeschi, obbligati a disinnescare più di due milioni di mine lungo la costa danese, erano semplici ragazzi - avevano dai 15 ai 18 anni di età.

Questo film racconta la loro storia.

Bisogna dar atto al regista di aver affrontato un argomento scomodo e di averlo fatto in maniera assolutamente sincera. In questo film i danesi si comportano ESATTAMENTE come si sarebbero comportati i nazisti: con crudeltà e assoluta mancanza di empatia.

Che importa se sono prigionieri! Sono tedeschi e quindi tocca a loro fare pulizia.
Che importa se sono ragazzini! Se puoi andare in guerra, puoi anche sminare una spiaggia.

Tutto questo con l'intima consapevolezza di essere dalla parte della ragione e che, parliamoci chiaro, nessuno ti biasimerà.

Questo è uno dei temi principali del film, quello che forse mi ha più colpito: per quanto possiamo avere "ragione" è giusto farla pagare al primo che capita?
Verrebbe spontaneo dire di no, ma (a ben guardare) lo si è fatto e lo si fa continuamente.
E' l'antica logica del capro espiatorio e della vendetta.

Il regista, come dicevo, non ci gira intorno ed è bravo a non cadere nel sentimentalismo.

Il sergente Rasmussen, colui che è designato come guardiano di questo gruppo di ragazzini, prende atto di questa ingiustizia senza sbalzi o salti narrativi. Non sappiamo neanche il suo vissuto in guerra (così come non sappiamo le storie belliche) di questi ragazzi. Tutto il suo processo psicologico ci passa sotto gli occhi..con i suoi alti e bassi. 

E alla fine prenderà la sua decisione.

Nel frattempo questi ragazzi (forse leggermente stereotipati, ma senza esagerazioni) vivono nella consapevolezza dell'essere degli sconfitti, ma nei loro discorsi (sopratutto in quello dei gemelli Werner ed Ernst, che non a caso sono i più giovani) c'è non solo il desiderio di tornare a casa, ma anche quello di ricostruire un paese che sanno distrutto. 
E loro vogliono fare la loro parte.

Ho letto altre recensioni che hanno parlato di una regia fredda. A me non è parso anzi, in certi momenti, vuole proprio mettere lo spettatore nelle condizioni di questo ragazzi: con una mina da disarmare e il rischio di saltare in aria in quello che, in tempo di pace, è un contesto di natura bellissimo e quasi incontaminato.

Un'altro dei contrasti messi in luce dal film. 
Il primo, essenziale, è il contrasto tra empatia e vendetta, tra rispetto e prepotenza. 

Contrasto che fa vedere come la guerra in realtà non finisce con l'ultimo colpo sparato, ma con il primo atto di umanità e di condivisione.

Un pò come, permettetemelo, la redenzione dell'uomo inizia con l'Incarnazione di Cristo.

"Land of mine" è candidato all'Oscar come miglior film straniero per l'edizione 2017.
E credo che se lo meriti ampiamente.
Vi abbraccio,




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