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venerdì 2 settembre 2016

XXIII domenica del Tempo Ordinario 4 settembre 2016


«Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo 
e insegnami i tuoi decreti»

(Letture bibliche: Sap 9, 13-18; Sal 89; Fm 1, 9-10.12-17; Lc 14, 25-33)


Se nel Vangelo Gesù moltiplica gli appelli alla rinuncia, se invita a portare la propria croce e a seguirlo, non è per far evadere l’uomo dal mondo, ma piuttosto per promuovere l’assunzione e la fedeltà alla condizione umana fino in fondo.

Mentre l’uomo peccatore tenta di realizzare la felicità cercando di evitare tutto ciò che fa soffrire e tenta di mettere tra parentesi la morte, puntando unicamente su ciò che può offrire la vita presente, il cristiano è invitato dalla fede a guardare in faccia questa vita col massimo realismo. 

Attraverso la sofferenza ed anche la morte egli dà il suo apporto insostituibile alla riuscita della avventura umana. Se gli capita di conoscere la tristezza mentre il mondo gioisce, in realtà la sua tristezza è fecondità di vita. Egli sa che la morte è la via alla vita. 

Ma un tale progetto riesce soltanto nel seguire Gesù sotto l’impulso del suo Spirito. 

Penetrato di amore di Dio, l’uomo viene rimandato ai compiti di quaggiù che egli compie in modo non superficiale e facendo leva sulle proprie risorse umane. Le due brevi parabole del Vangelo di Luca sono un severo avvertimento contro qualsiasi impegno superficiale. 

Prima di intraprendere una costruzione o una guerra bisogna sedersi a tavolino per fare i calcoli. La fede è qualcosa di radicale e bisogna chiedersi se si è pronti a tutto. È la scelta di un uomo maturo che valuta fino in fondo quanto il messaggio cristiano gli propone.

Non è fede di convenienza, né desiderio di appartenenza sociologica. 
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Un filosofo di nome Pascal diceva che bisognava "scommettere" su Dio, ovvero vivere un vita cristiana (che comunque è sempre meglio di una vita "pagana") e poi "comunque vada sarà un successo".

Personalmente sono molto in disaccordo. 
1) perchè non è detto, nell'opinione comune, che una vita pagana sia automaticamente meglio di una vita cristiana
2) perchè Gesù non ci chiama a "scommettere" al buio. E la Liturgia di oggi ce lo dice.

Gesù ci chiama ad una scelta consapevole ed è molto chiaro delle sue richieste.

"Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo."

Uno potrebbe dire: ESAGERATO! 
Effettivamente una frase del genere mette a disagio. E se lo fa con noi che la leggiamo dopo 2000 anni, figuriamoci a sentirsela dire di persona.

A dispetto di tutte le nostre reazioni resta però il fatto che Gesù questa frase la dice.
Quindi tocca a noi capire il perchè. Tocca a noi farlo sapendo che, come ci dice la prima lettura,  "scopriamo con fatica le cose a portata di mano", quindi è evidente che non dobbiamo prendere come base esclusivamente i nostri presupposti, ma cercare e chiedere un dono dall'Alto.

Detto questo il messaggio di Gesù è : "Se non amate Me più dei vostri affetti più cari e di voi stessi non riuscirete ad amarli e amarvi come siete chiamati a farlo."
Possiamo amare i nostri genitori, i nostri amici, noi stessi con tutte e nostre forze umane, ma il rischio è che loro diventino ai nostri occhi emanazioni di noi stessi e, in definitiva, un nostro possesso.

La seconda lettura ci aiuta in questo senso. Vale la pena raccontare cosa ci sia dietro questa piccola, splendida lettera che San Paolo scrive all'amico Filemone.
Filemone, cristiano di Colossi, aveva uno schiavo di nome Onesimo il quale scappa, probabilmente anche rubando. Onesimo finisce a Roma dove Paolo è agli "arresti domiciliari" e lì diventa cristiano. A questo punto Paolo lo rimanda a casa.

Bene: noi tutti sappiamo che uno schiavo non ha diritti, è proprietà del padrone che ne può fare quello che vuole e la sorte dello schiavo fuggitivo era atroce.

Ebbene: Paolo scrive a Filemone: riaccoglilo "sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso".
Perchè non c'è più Giudeo o greco, schiavo o libero. Tutti siamo degni di essere amati in Cristo perchè è uguale in noi il desidero di essere amati così.

Ecco quindi il senso delle parole di Gesù. Lui ci chiede di avere fiducia in Lui perchè possiamo imparare a amare veramente. E amare veramente per Gesù è dare la vita.

La fede, la fiducia, è un dono di Dio. Preghiamo il Padre perchè l'aumenti di fronte alle traversie della vita e perchè, una volta fattane esperienza, non ci tiriamo indietro di fronte alle difficoltà.
Vi abbraccio,

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