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martedì 3 maggio 2016

Una visita al Museo Van Gogh...




Nei giorni scorsi, come molti di voi sanno,  sono stata ad Amsterdam in occasione di un gemellaggio corale. Il tempo non era dei migliori (sembra che ci sia sempre un fastidiosissimo vento) e quindi, per salvaguardare le nostre voci, il "giro turistico" si è limitato all'essenziale.

Detto questo abbiamo dedicato una mattinata al Museo Van Gogh nel quale sono contenuti i maggiori capolavori di questo artista. Vorrei spendere due parole per descrivervi questo museo, almeno per sommi capi. Si trova all'interno di una grande piazza nella quale troviamo anche il museo Stedelijk di Arte contemporanea, il Teatro dell'Opera nonchè il Rijksmuseum. Un quadrilatero della cultura in pratica!

Dopo aver fatto circa mezz'ora di fila, si entra nel Museo (che è quello che vedete in foto). 
Stile moderno, funzionale, privo di barriere architettoniche (cosa che purtroppo, dalle nostre parti, non è così scontata) con una grande area adibita a guardaroba (dato che all'interno del museo gli zaini sono proibiti) e negozio. Poi 4 piani di dipinti.

Personalmente ho usufruito della guida multimediale in italiano che mi è stata utilissima anche perchè interattiva. Per farvi un esempio, in determinati quadri, si poteva switchare tramite touchpad tra le diverse versioni dello stesso.

Ma anche chi la guida non l'aveva aveva comunque dei dispositivi multimediali a disposizione (per esempio ricordo che, in certi casi, si poteva vedere la tela al microscopio e vedere i particolari delle pennellate)

Questo per dire che è il classico museo in cui tu entri con un livello di conoscenza e ne esci con un altro. Tutto questo in maniera semplice, intuitiva, ma non banale.

Questo è infatti quello che mi è successo. Conoscevo Van Gogh per sommi capi (anche perchè in Storia dell'Arte è argomento di ultimo anno...e nessuno all'ultimo anno studia Storia dell'Arte) e, diciamola tutta, per me lui era "quello che si era mutilato".

Ovviamente non starò qua a farvi una completa disanima di questo autore.
Mi limiterò a proporvi le due opere che mi hanno colpito di più e che hanno contribuito a modificare maggiormente l'opinione che avevo del loro autore.

Una di queste è: I MANGIATORI DI PATATE





Scrive Van Gogh

"Ho voluto, lavorando, far capire che questa povera gente, che alla luce di una lampada mangia patate servendosi dal piatto con le mani, ha zappato essa stessa la terra dove quelle patate sono cresciute; il quadro, dunque, evoca il lavoro manuale e lascia intendere che quei contadini hanno onestamente meritato di mangiare ciò che mangiano. Non vorrei assolutamente che tutti si limitassero a trovarlo bello o pregevole"

Vincent Van Gogh era figlio di un pastore della Chiesa Riformata Olandese e, per un certo periodo, accarezzò l'idea di farsi pastore anche lui. Passò un paio di anni in Belgio come missionario, dove si racconta che era talmente partecipe della vita dei minatori con cui stava da cedere persino il suo letto.

Questo perchè riteneva che chi si guadagnava il pane con il sudore della propria fronte era molto più nobile e bello di chi, magari vestito elegantemente, mangiava caviale nei ristoranti più chic.
Se ci pensate ricorda molto il racconto della Genesi in cui Dio da all'uomo il compito di "custodire e coltivare la terra"

Questa opera, che è il suo primo capolavoro, non ha però un carattere di denuncia politica. Semplicemente Vincent si mette "dalla loro parte"e prova a dare loro una dignità realistica, così sentiva di dover fare come artista.

In quegli anni poi non fa che dipingere le campagne ed i contadini dei dintorni di Zundert (il suo paese natale) perchè solo in quei luoghi trovava la pace che cercava...
In seguito si trasferirà in Francia per inseguire i suoi sogni che non erano tanto quelli di diventare un pittore famoso, ma piuttosto quello di formare una sorta di "comune degli artisti" nella quale ognuno potesse trovare il proprio linguaggio anche nella condivisione e nello scambio.

Le cose non andarono proprio in questo modo e fu in quel periodo che saltò fuori la malattia che poi lo condurrà al suicidio ( malattia ancora a tutt'oggi non ben diagnosticata: si spazia dalla depressione, alla schizofrenia, all'epilessia del lobo temporale).

L'anno prima di togliersi la vita dipinge la seconda opera che vi propongo e che è stata quella che più mi ha colpito e commosso.

Si intitola RAMO DI MANDORLO IN FIORE





Perchè mi  ha commosso così tanto? Perchè dietro c'è una bellissima storia.

Nel febbraio del 1890 Van Gogh si trova in Provenza e precisamente a Saint Remy, nella Maison de Santé de Saint Paul- de- Mausole, un vecchio convento trasformato in ospedale psichiatrico.
Stava così male, qualche mese prima, che i vicini hanno protestato per le sue crisi e ha dovuto prendere lui stesso la decisione di internarsi.

Ed è proprio in quel periodo che nasce il primo figlio del fratello Theo.
Tra Theo e Vincent c'era un rapporto speciale che si evince dalle numerosissime lettere che negli anni si sono scritti e che sono state conservate. E quando Theo diventa papà come decide di chiamare il piccolo? Ovviamente Vincent! E suo fratello, da bravo zio, cosa fa?

"Ho iniziato subito una tela per il figlio di Theo, da appendere nella loro camera da letto, una tela azzurro cielo, sulla quale si stagliano grandi fiori di mandorlo bianchi".

Erano gli stessi mandorli che vedeva dalla sua finestra in Provenza. E voi sapete bene che i mandorli sono i primi alberi che fioriscono, quasi a segnare l'inizio della primavera.

Quel soggetto era un inno alla vita ed è questo soggetto che viene scelto per festeggiare l'arrivo di questo bambino il quale, cresciuto, fonderà il museo di cui vi sto parlando.

Come v ho già detto è una storia che mi ha profondamente commosso. Sono stata a guardare il quadro per un tempo indefinito cercando di mettermi nei panni di un Vincent Van Gogh sfiancato a una malattia che non riesce a curare, che lo porta a crisi psicotiche e gesti inconsulti, mentre lo dipinge cercando e sperando la stessa pace e serenità che augura al suo nipotino.

Certo, sappiamo come è andata a fine la storia, è forse fa male anche saperlo, ma debbo dire che sono uscita dal Museo con un altro sguardo su questo autore. 

Paradossalmente era quello che faceva lui nei suoi Autoritratti: si dipingeva sempre con un colore degli occhi diverso come a dire che, nonostante il soggetto fosse lo stesso, lui come persona non lo era. Interessante vero?

Ora non dico che sia diventato improvvisamente il mio pittore preferito, ma sicuramente ora lo sento diversamente. Insomma: è stato un bel viaggio all'interno dell'animo dell'uomo e dell'artista Vincent Van Gogh.

Quindi, se passate da quelle parti, fateci un salto e non ve ne pentirete.

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