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venerdì 17 giugno 2016

XII Domenica del Tempo Ordinario 19 Giugno 2016



«Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,e io le conosco ed esse mi seguono»

(Letture bibliche: Zc 12, 10-11;13, 1; Sal 62, Gal 3, 26-29; Lc 9, 18-24)




La Liturgia di oggi è particolarmente ricca di spunti per la nostra vita spirituale.
Vediamo qui di di non sprecarla!

Innanzitutto al centro del Vangelo c'è un desiderio, una domanda di Gesù.

Gesù vuole sapere quale immagine ha di lui la gente, ma sopratutto quale immagine ha di lui chi gli sta vicino giorno e notte, ovvero i discepoli.
Non è una domanda banale perchè è il risultato di una solitaria preghiera, di un lungo dialogo con il Padre che l'evangelista Luca mette in risalto.

Quel voi chi dite che io sia non è quindi una sorta di "sondaggio elettorale", ma domanda piena di significato allora come oggi.

Per noi chi è Gesù, che immagine abbiamo di Lui?
E' quella che Lui ha mostrato con la sua vita, morte e resurrezione? 
Oppure è un'altra, magari una di comodo che serve a giustificare di fronte a Dio e alla nostra coscienza tutti i vizi e vizietti che nel tempo si sono sedimentati nel nostro animo e che fatichiamo ora a scrollarci di dosso?

Come vedete la domanda è scomoda. E parecchio pure.

E altrettanto scomodo è quello che Gesù dice allorchè Pietro (una delle rare volte che non dice o fa stupidaggini) risponde che lui è il Cristo di Dio. 

Gesù sa benissimo quale era la visione del Messia in Israele. Una sorta di condottiero con i superpoteri che avrebbe liberato il paese dai dominatori romani.
Ed è proprio per questo che è molto chiaro fin da subito: 

«Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Provate ad immaginarvi lo stato d'animo dei discepoli in quel momento! 
Ma la botta vera doveva ancora venire (e questo Gesù lo dice a tutti)

«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà».

C'è un mistero profondo in queste parole che fatichiamo a comprendere e che finiamo spesso per banalizzare.Eppure è un mistero che parte dalla nostra esperienza quotidiana!
Tutti noi sappiamo che ogni giorno ha la sua pena. Piccola o grande che sia, essa ci pesa.

Gesù è venuto a dare un senso a queste quotidiane croci e quotidiane morti.
E questo senso lo ha dato prendendosele fisicamente addosso fino ad esserci inchiodato sopra. E questo, parliamoci chiaro, ci mette in crisi. 

Gesù ci invita a non scappare dalla vita, ma a viverla veramente. Con coraggio, con coerenza nei confronti di una esperienza di Cristo per la quali saremo messi in discussione.

Gesù invita a rinnegare se stessi per seguirlo. Questo non vuol dire rinunciare alla nostra umanità, ma valorizzarla e riportarla al desiderio del Padre.
Che è consolazione e misericordia.
Già il profeta Zaccaria ci invita a guardare "colui che hanno trafitto" da cui "sgorgherà una sorgente zampillante" di misericordia.

Misericordia che coinvolge tutti: giudei e greci, schiavi e liberi.

Vi lascio con queste parole di P.Raniero Cantalamessa

Rinnegare se stessi significa dunque imparare il linguaggio del vero amore, il linguaggio di Dio. Noi spesso parliamo il linguaggio della carne, dell'egoismo; Lui quello dello spirito, dell'amore. Rinnegarsi è imparare la lingua di Dio per poter comunicare con lui. Ma è anche imparare la lingua - cioè la sensibilità, i gusti, le attese - dell'altro che ci vive accanto. 

Vi abbraccio

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