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martedì 29 dicembre 2015

Joyeux Noel - una pagina di storia dimenticata -




Dicembre 1914
In una parte dello smisurato territorio del fronte occidentale si fronteggiano francesi e scozzesi da una parte e tedeschi dall'altra.

Il freddo, il fango, la fame, la nostalgia di casa sono compagne di entrambe le fazioni le quali tentano di avere il sopravvento l'una sull'altra in un susseguirsi di attacchi inutili che riempiono di morti la terra di nessuno tra le due trincee.

Arriva la vigilia di Natale. 
Non è una notte come le altre e quel piccolo sparuto angolo del fronte diventerà il luogo di un piccolo grande miracolo ...come la Betlemme della Natività...




Il film di Christian Carion del 2005 racconta un fatto poco noto della Grande Guerra: quella che venne successivamente chiamata la “Tregua di Natale”.

In pratica in molti punti del fronte occidentale ci fu una sorta di “cessate il fuoco” non ufficiale sia la notte della vigilia sia il giorno di Natale.
Le truppe si incontrarono nella terra di nessuno tra le due trincee, si scambiarono doni, fraternizzarono e organizzarono persino una partita di pallone sulla neve.

Tutto questo in maniera assolutamente spontanea ed indipendente.
Le alte sfere non ne sapevano nulla (e quando lo sapranno attueranno provvedimenti).

Carron si preoccupa di raccontare tutto questo attraverso gli occhi dei protagonisti: uomini come tanti buttati in una situazione terribile.

C’è l’ufficiale preoccupato per la moglie incinta in territorio occupato dal nemico, c’è il ragazzo partito entusiasta con il fratello e, dopo la morte di questi, chiuso in un cupo mutismo, c’è il soldato che prova a ricreare le abitudini di casa in trincea.

Tutti provano a sopravvivere in qualche modo nell'inferno di neve e fango in cui sono stati gettati. 

In una situazione come quella basta poco, basta l'intraprendenza di qualcuno che canta "Stille nacht" la notte di Natale per prendere la decisione più scontata: questa notte non ci si può sparare addosso...e neanche l'indomani.

Il film racconta tutto questo in modo sobrio, forse un pò troppo didascalico, ma l'intento del regista è fondamentalmente mostrare il desiderio di pace di queste persone...

Prima di essere soldati di una nazione in guerra  (quel nazionalismo sciovinista che si vede nella sequenza iniziale esemplificato magnificamente nella "lezioncina "imparata a memoria dagli alunni della scuola) sono uomini lontani da casa, lontani dagli affetti.

Non a caso uno dei primi gesti che compiono i soldati appena si incontrano e quello di mostrarsi a vicenda le foto dei parenti rimasti a casa.

L'idioma li divide (anche se nel doppiaggio italiano questo particolare si perde), ma il linguaggio del cuore li avvicina e li lega.

Tutto questo durerà poco perchè la guerra ha le sue regole e la prima è "non si fraternizza con il nemico". 

Sembra quindi che che alla fine il "sistema" vinca...o forse no. 

Dipende da noi...questo è il messaggio finale.

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