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venerdì 5 agosto 2016

XIX domenica del Tempo Ordinario 7 Agosto 2016




«Vegliate e tenetevi pronti, perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’Uomo»

(Letture bibliche: Sap 18, 6-9; Sal 32; Eb 11, 1-2.8-19; Lc 12, 32-48)


In tutta la storia del pensiero e delle religioni c’è un appello al distacco dai beni materiali in vista della liberazione e della realizzazione della persona.  
La povertà evangelica non è su questa linea; non la lega, ma la trascende. 

Non è moralistica, né centrata sull’ uomo, ma sulla persona di Gesù

La povertà evangelica è una conseguenza della fede in Gesù e nell’ avvento del Regno di Dio. 
L’appello di Gesù alla povertà è radicato nella sua persona. Egli sa e dichiara che con lui ed in lui è giunto il Regno di Dio. 

Questo fatto, quando è conosciuto attraverso l’annuncio, invita a prendere posizione, costringe a una decisione assoluta. Non si tratta semplicemente della scelta tra il bene e il male di fronte a cui la coscienza dell’uomo si trova in ogni istante, e neppure dell’affermazione o negazione di Dio. 

Si tratta di una realtà ben più profonda e decisiva: 
in Gesù, Dio fa all’uomo la suprema e definitiva offerta della salvezza, e perciò con la sua iniziativa lo spinge a prendere una decisione definitiva

Ora la ricchezza, secondo Gesù, mette l’uomo nel pericolo più minaccioso di non accorgersi della sua venuta, di non percepire l’ultima chiamata di Dio, di non possedere quella radicale libertà di cuore e di tutte le sue energie che è necessaria per l’accettazione piena del Regno di Dio. Per questo egli chiede a coloro che vogliono accogliere il regno di dare in elemosina i propri beni e diventare poveri essi stessi.

Il termine della donazione sono i poveri. L’uomo per “avere” è disposto a tutto, anche a derubare il fratello: la donazione libera e gratuita è il segno di una inversione di marcia che dice comunione degli uomini tra di loro e con Dio, non più opposizione. 
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Nella Liturgia di oggi, che precede di pochissimo la nostra partenza per l'Esperienza, c'è una parola che risuona: Veglia.

Vegliare non è solo restare svegli...è restare svegli perchè si attende qualcosa, Qualcuno, una speranza di felicità. Anzi, di "liberazione" (così come ci dice la Prima lettura)

Facciamo un esempio terra terra: mio padre lavorava in Marina e stava lontano da casa per mesi. Quando tornava io ovviamente ero felicissima, non solo perchè era a casa, ma anche perchè sistematicamente mi portava qualcosa, fossero anche solo le stecche di cioccolata (era cioccolato fondente nero in confezioni da 1 Kg che poi non ho più visto da nessuna parte). Per me era un modo per capire che aveva continuato a pensarmi anche se era lontano.

Ok, l'esempio è infantile, ma rende bene l'idea perchè chi veglia non lo fa perchè è costretto, ma perchè ha un desiderio profondo che sa che verrà soddisfatto.

Solo se si parte da questo presupposto si può capire tutto il resto. 
Si può capire perchè, per esempio, ogni bene materiale acquisisca una importanza relativa dove il termine di paragone è il "di più" che Gesù ci offre.

Si può capire anche questa frase di Gesù:

A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più

che, a prima vista, può sembrare strana. Si dice sempre che Dio Padre ti dona tutto senza chiedere niente in cambio...e adesso Gesù se ne esce con una frase come questa!

Lui parla di una cosa precisa e questa cosa si chiama responsabilità. Verso se stessi, gli altri e quindi verso Dio.

Se tu sai di aver molto ricevuto da un Dio che con te si è comportato come un Padre, allora sentirai quasi la necessità di rispondere con la stessa moneta, perchè un figlio prende il meglio del Padre. Così come ha fatto Gesù, vero Figlio del Padre. Diceva Petrarca: Amore con amor si paga. Ed è proprio così.

Capite bene che la base di tutto è la Fede così come ce la spiega l'autore della Lettera agli Ebrei:

Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede.

Qualcuno dice che la Fede viene dall'ascolto. A me piace dire che in realtà nasca da un'incontro. L'incontro con un Dio con un cuore di carne che si chiama Gesù Cristo.

Padre Pulizzotto amava dire una cosa: "Negli altri c'è Cristo. Morto o risorto non è importante. E' sempre Cristo Gesù"

Per questo la venuta del Figlio non si deve intendere solo con il nostro incontro finale con lui, ma con tutti gli incontri che facciamo nella nostra vita. Per questo dobbiamo essere vigili, perchè ogni incontro è prezioso. In ogni incontro c'è un pezzo di quella "patria celeste" a cui noi tutti aspiriamo, dove finalmente ci conosceremo come Dio ci conosce.

Per questo la nostra vita può, e deve, diventare un anticipo di Paradiso. 
Per noi e per chi ci incontra. 

Vi abbraccio e a prestissimo.







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