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giovedì 1 agosto 2019

"La forma della voce" di Naoko Yamada (Giappone 2016)



Shōya Ishida è un bambino di 11 anni come tanti che va alle elementari. Avendo un carattere esuberante non fa fatica  ad avere molti amici. Un giorno nella sua classe arriva Shōko Nishimiya, una bambina molto dolce che ha una particolarità: è completamente sorda e quindi comunica attraverso un quaderno.

All'inizio la nuova arrivata viene accolta bene, poi però l'iniziale simpatia si trasforma in freddezza, fino a quando si arriva ad atti di bullismo veri e propri di cui il primo responsabile è proprio Shōya.
Il risultato finale è che Shōko è costretta a cambiare scuola.
Shōya, considerato unico responsabile della cosa, ed ormai etichettato come "bullo" perde gli amici ed inizia ad isolarsi sempre di più. Questo praticamente fino al giorno in cui, ormai liceale, decide di togliersi la vita. Cosa che non riesce a fare solo per puro caso.
A quel punto decide finalmente di andare a trovare Shōko nella sua scuola superiore per chiederle perdono, con la volontà di iniziare il suo percorso di redenzione per gli errori del passato.


Ieri era la Festa di S.Ignazio di Loyola e questo post avrebbe dovuto essere pubblicato per "festeggiarlo" ma, si sa, i giorni prima dell'Esperienza sono pieni di cose da fare e quindi...
eccoci qua oggi.

Veniamo a noi: il film che vi propongo oggi è la trasposizione di un manga del 2014 di Yoshitoki Ōima  ed animato dalla Kyoto Animation (la cui sede recentemente è stata vittima di un incendio doloso con morti e feriti).

Spesso in ambiente nerd ci si fa la domanda: è meglio questo film o "Your name."?
Secondo me è una domanda un poco stupida perchè sono due film costruiti in maniera diversa.

Per certi versi come tematica mi ha intrigato di più questo film.
Spesso si dice che "parla di bullismo". In realtà non è così. Questo è solo un pretesto, anche perchè il nostro protagonista non è un bullo alla Nelson Muntz. E' semplicemente un ragazzo molto vivace il quale ad un certo punto (probabilmente perchè poco seguito dagli insegnanti) si lascia andare a gesti di cui poi si pentirà amaramente.

Il film sostanzialmente racconta un percorso di consapevolezza di sè e degli altri. E' un percorso che fanno tutti i personaggi (la cooprotagonista Shōko, i compagni di classe oramai cresciuti) i quali sono quasi imprigionati in una sorta di rete di sentimenti che non riescono a decifrare.
Ed il bello che è difficile anche per lo spettatore decifrarli. In questo senso secondo me è un film che va visto almeno due volte per gustarlo appieno.

In tutto questi mi ha colpito la mancanza di figure genitoriali di rilievo: la mamma di Shōya è una svampita, quella di Shōko molto chiusa. I padri non ci sono proprio. Questo chiaramente non è un bene....e si vede.

Mi sono piaciuti certi espedienti narrativi per esprimere visivamente il disagio di Shōya nei confronti del mondo (un poco meno altri sopratutto verso il finale). Mi è piaciuta la scena conclusiva: nella sua semplicità fa intravedere una apertura, un orizzonte vasto di conoscenza.

Cosa c'èntra Ignazio con tutto questo? Beh, secondo me c'entra. E  pure tanto.

Negli Esercizi Spirituali ad un certo punto Ignazio ti chiede di fare un resoconto della tua vita.
Quello di cui Ignazio vuol farti rendere conto è "la presenza di Dio nella tua vita" in tutto quello che ti è capitato. E' il comprendere che sei stato profondamente amato fin dal principio. Che tutto è ti è stato dato per la tua felicità. In qualsiasi situazione ti sei trovato, Lui c'era.


Ecco, ricordarsi che, nel guazzabuglio dei nostri talvolta indecifrabili sentimenti, c'è sempre Qualcuno che ti vuole bene e dicui dobbiamo imparare a riconosce la Voce, è  nello stesso tempo incoraggiante ed impegnativo.
L'Esperienza è vicina: è un tempo buono. Approfittiamone.

Vi abbraccio forte e vi voglio bene.

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